Nell’assoluta attualità dell’esistente, che precede ogni possibile concettualizzazione dell’essere, risiede quel contrasto apparentemente ineliminabile fra necessità e libertà che – in intima connessione al dissidio tra realismo e idealismo – sta alla base del progetto filosofico della modernità e della crisi che ne è seguita. Un contrasto essenziale senza esperire il quale non è possibile fare filosofia – prospettando le possibili vie d’uscita dalle molteplici forme del nichilismo contemporaneo –, e che costituisce l’attualità filosofica di Schelling, dalla quale occorre ancora oggi prendere avvio. «Certo un’esposizione dogmatica della filosofia potrebbe essere più comprensibile, ma lo scopo di chi vuole insegnare la filosofia non può mai essere quello di presentare i suoi risultati. Chi possiede i risultati, non possiede con ciò la filosofia stessa. Essi sono solo frutti colti dall’albero che marciscono tra le mani. Tra chi insegna meramente i risultati e chi invece insegna la filosofia vi è lo stesso rapporto che esiste tra chi distribuisce l’oro nella sua sostanza e chi dell’oro insegna direttamente la fabbricazione. La filosofia è la più alta alchimia spirituale. Dalle scorie produce il puro oro così come ciò che è afferrato dallo spirito del vero artista viene per così dire purificato attraverso il fuoco» (F.W.J. Schelling).
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