Della Natura delle Cose: De Rerum Natura Tito
by Lucrezio Caro 2020-05-26 16:38:10
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Questa tradizione non si fonda che sopra l'autorità di San Gerolamo, il quale scrisse più di tre secoli dopo Lucrezio. Questi era della gran famiglia Lucrezia e cavalier romano. Nacque l'anno 95 avanti Cristo. È probabile che vis... Read more
Questa tradizione non si fonda che sopra l'autorità di San Gerolamo, il quale scrisse più di tre secoli dopo Lucrezio. Questi era della gran famiglia Lucrezia e cavalier romano. Nacque l'anno 95 avanti Cristo. È probabile che visitasse la Grecia e udisse Zenone, che in quel torno era capo della setta epicurea. Egli e Cesare sono i due soli grandi scrittori che Roma abbia prodotti. La sua vita corse tra i principi di Silla e la morte di Clodio. Secondo la tradizione, egli si sarebbe ucciso di 44 anni, morendo lo stesso giorno in cui Virgilio prese la toga virile. C. Memmio Gemello, al quale è intitolato il poema, era d'illustre famiglia, figlio e nipote di chiari oratori. Ebbe presto onori ed uffici. Nominato al governo della Bitinia, condusse seco Curzio Nicia e il poeta Catullo. Tornato che fu, toccò un'accusa da Cesare, dalla quale si difese con violenza. Nel difendersi trascorse a raffacciargli i suoi diffamati costumi. Dicitore facondo; se non che, a detta di Cicerone, fuggiva la fatica non solo di parlare, ma ancora di pensare. Accusò parecchi; tra gli altri, L. Lucullo, vincitore di Mitridate, volendo impedirgli il trionfo. Di che, avendo egli tirato alle sue voglie la moglie del fratello di lui, M. Lucullo, Cicerone disse argutamente che si era levato contro Agamennone non che contro Menelao. Tentò sedurre, ma invano, anche la figlia di Cesare moglie di Pompeo. Dopo la questura e pretura aspirò al consolato, gareggiando veementemente con altri tre pretendenti. Fu insieme ad essi accusato di broglio e condannato all'esilio. Tornò in Atene, dove da giovane aveva studiato, e v'ebbe lite con la setta di Epicuro per essersi fatto cedere dall'Areopago una parte dei Giardini, ove quella aveva sua stanza. La famiglia Memmia aveva un culto particolare per Venere, e il Martha crede che anche questo riflesso abbia indotto Lucrezio alla sua splendida Invocazione.Dai trecento volumi lasciati dal maestro, ch'egli reputava divino, secondo dice il Tennyson, Lucrezio trasse la dottrina esposta nel suo poema. Il Martha la ha considerata assai bene rispetto alla religione, alla morale ed alla scienza. Egli ha dimostrato che Epicuro e il suo poeta combattevano piuttosto il paganesimo che lo spiritualismo, intendendo a liberare l'uomo dai terrori delle false religioni, e a svolgerlo dai riti feroci onde pretendevano deprecar l'ira od impetrare il favore delle loro deità. Furono in questo i precursori dei controversisti cristiani; se non che, non avendo altro lume, esautorando gli Dei, abolirono la Provvidenza. Ma per tutto il poema spira il sentimento del divino, che, nella pienezza dei tempi, doveva poi avverarsi nelle più pure credenze; restando quasi armi imbelli gli argomenti dell'ateismo, che di secolo in secolo alcune sette di filosofanti riprendono e riforbiscono, ma inutilmente, contro la coscienza del genere umano. Rispetto alla morale, il Martha fa vedere che la dottrina della voluttà si riduce ad un quietismo, favorito ai tempi di Epicuro dallo scadimento e dal servaggio indeclinabile della Grecia, e ai tempi di Lucrezio fatto desiderabile dagli orrori delle guerre civili. Della scienza parla il Martha egregiamente in un capitolo che diamo tradotto in fondo a questo volume, facendo vedere come a puerili fallacie si mescolino intuiti di veri sublimi accettati ai dì nostri. Del merito poetico di Lucrezio, toccato in una frase dubbia di Cicerone, passato in silenzio da Virgilio ed Orazio, che taciti lo imitavano, celebrato altamente da Ovidio e da Stazio, parla il suo libro, e son piene le storie letterarie e i trattati di estetica. Egli ha bellezze sì sfolgoranti e sì universalmente ammirate che non occorre additarle. Il suo ateismo non faceva paura nemmeno al buon Cesari, il quale per quel suo squisito sentimento del bello e della naturale sublimità, amava i versi di lui forse non meno che quelli dell'Alighieri. Less
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  • 6.00(w)x9.00(h)x0.70
  • 314
  • Independently published
  • March 10, 2020
  • 9798623330505
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